Presidenzialismo Le riforme viste dal buco della serratura Siamo perfettamente d’accordo con il professor Michele Ainis quando scrive, Corriere della Sera di mercoledì scorso che “non possiamo andare avanti con un parlamentarismo scritto e un presidenzialismo immaginato”. E’ il principale problema che abbiamo di fronte dal 1994, quando non ci si accorse che si era scritta con il maggioritario una legge che dava il governo uscito dalle urne e non dalle Camere. Non contenti, si è pensato 2001, che anche il premier dovesse uscire dalle urne ed infine, visto che né il primo, né il secondo presupposto si erano completati, ecco l’idea di una nuova legge elettorale concentrata su un solo partito, un solo leader che possano prendersi tutte le cariche a disposizione in caso di vittoria. Nemmeno si sono accorti che questi formidabili moloch chiamati a risolvere tutte le nostre incertezze, si disfano in decine di rivoli come neve al sole, proprio perché le crisi di governo non dipendono dai piccoli partiti, che hanno pochi seggi, ma di quelli grandi ed infatti per questo sono caduti Prodi e Berlusconi, per i malumori di Rifondazione comunista e Lega, all’epoca ben oltre al 5 per cento e poi direttamente per la nascita del Pd e dello stesso Pdl. Però se si tratta di dover riallineare la democrazia formale a quella sostanziale, noi non saremmo per farlo come scrive Ainis “in un modo o nell’altro”. Vorremmo un modo migliore, tale per il quale non ci si debba pentire delle scelte fatte, il che è già evidente, dal momento che lo stesso Berlusconi coautore del patto del Nazareno sulla Riforma, dopo aver votato tutto quello proposto a riguardo al Senato, oggi si è messo a denunciare una minaccia per la democrazia. Anche quella di voler invertire gli aggettivi di quanto abbiamo sperimentato in tutti questi anni “un bipolarismo imperfetto con un bicameralismo perfetto”, non è che proprio ci convinca molto, soprattutto se poi lo stesso Ainis lamenta la mancanza di sufficienti contropoteri. Il bicameralismo perfetto, per cui i costituenti repubblicani si sono battuti nel 1948, era uno di quelli, mentre il nuovo Senato creato dalla riforma sembra un mostro informe ed ingovernabile da ogni punto di vista. Poi c’è il ruolo del Capo dello Stato che è ridotto a quello di un alto notabile, ma allora così privato di poteri dirimenti, quali indicare il presidente del Consiglio alle Camere, sciogliere le stesse, non si capisce a cosa serva. Da qui il sospetto che abbiamo sempre avuto, ovvero che alla riforma manchi ancora un capitolo ulteriore e veramente decisivo, l’elezione diretta del Capo dello Stato, in pratica un autentico colpo di pistola per un sistema uscito dal fascismo, preoccupato di ogni forma di potere personalizzato. E pure sarebbe ora di iniziare a prendere in considerazione questo modello se non altro se vuole una riforma compiuta ed attrezzarsi di conseguenza per salvaguardare la democrazia repubblicana. Il fatto ovviamente che tutto questo percorso sia avvenuto fra pochi intimi, in incontri più o meno segreti, Ainis parla di italiani costretti “a guardare dal buco della serratura”, è ovviamente segno dei tempi. Roma, 11 marzo 2015 |